Buonuscita affitto: quanto chiedere e come calcolarla

Quando si parla di buonuscita in un contratto di affitto, si fa riferimento a una somma di denaro che l’inquilino può richiedere al proprietario (o viceversa) in occasione della conclusione anticipata del contratto di locazione. È importante chiarire fin da subito che si tratta di un accordo volontario tra le parti, pensato per mettere fine in modo consensuale al rapporto locativo, prima della scadenza prevista dal contratto. 
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Questa somma può servire, ad esempio, a coprire eventuali danni all’immobile o a compensare il proprietario per la perdita di un inquilino stabile, soprattutto in contesti dove la continuità della locazione rappresenta una sicurezza economica. 
Dal punto di vista giuridico, la buonuscita non è regolata in modo specifico dal Codice civile, ma trova legittimità nel principio di autonomia contrattuale, previsto dall’articolo 1321. Questo significa che le parti, se lo desiderano, possono accordarsi liberamente su termini e condizioni, purché l’intesa sia lecita e non imposta unilateralmente. 

Naturalmente, la valutazione dell’importo della buonuscita dipende da diversi fattori, come il tipo di contratto, la durata residua della locazione e l’interesse delle parti nel proseguire o interrompere il rapporto. Approfondiremo questi aspetti così da offrire un quadro più chiaro e utile, per chi si trova a gestire o a vivere una situazione di questo tipo. 

Buonuscita nella locazione abitativa: fattori determinanti

Nel caso della buonuscita nella locazione abitativa, il meccanismo è generalmente più semplice rispetto a quello commerciale. I fattori principali che influenzano l’importo della buonuscita abitativa includono: 

  • Durata residua del contratto: maggiore è il tempo rimanente fino alla scadenza naturale, più alta sarà generalmente la somma richiesta dal proprietario. Questo perché il locatore deve considerare il periodo durante il quale dovrà cercare un nuovo inquilino e i potenziali mancati guadagni. 
  • Le condizioni di mercato locali: in zone ad alta domanda abitativa, dove trovare un nuovo inquilino è relativamente facile, la buonuscita potrebbe essere inferiore; al contrario, in mercati meno dinamici, il proprietario potrebbe richiedere un importo maggiore per compensare i tempi di ricerca più lunghi. 
  • Il valore del canone mensile: costituisce spesso la base di calcolo. Generalmente, la buonuscita abitativa oscilla tra due e sei mensilità del canone corrente, ma si tratta di una stima puramente indicativa, che può cambiare sensibilmente in base alle specifiche condizioni dell’accordo e alle esigenze delle parti coinvolte. 

Buonuscita nella locazione commerciale: fattori determinanti

La buonuscita nella locazione commerciale è un aspetto particolarmente delicato e complesso, molto diverso da quanto accade con i contratti di affitto abitativi. Si tratta, in pratica, di una somma che può essere richiesta o offerta per ottenere il rilascio anticipato dell’immobile o per facilitare il subentro di un nuovo conduttore. 

A determinare l'importo della buonuscita concorrono diversi fattori specifici, che meritano attenzione da entrambe le parti: 

  • Avviamento commerciale: se l’inquilino ha creato un’attività redditizia e ben riconosciuta, può vantare un valore economico legato alla clientela e alla reputazione dell’esercizio. In questi casi, la buonuscita può includere anche il valore dell’avviamento, da trasferire eventualmente al nuovo affittuario. 
  • Posizione dell’immobile: un locale situato in una zona di forte passaggio, come un centro storico, una via commerciale o nei pressi di nodi di trasporto, ha un valore strategico molto elevato. Questo fattore può influire in modo diretto sull’importo della buonuscita. 
  • Migliorie e investimenti effettuati: interventi strutturali o impiantistici realizzati dall’inquilino (ad esempio, ristrutturazioni, impianti a norma, arredi su misura) rappresentano un valore aggiunto. In questi casi, è legittimo che l’inquilino richieda un compenso, anche parziale, per i costi sostenuti. 
  • Durata residua del contratto: la buonuscita può essere più alta se il contratto ha ancora una lunga durata residua e il rilascio anticipato comporta una rinuncia a un diritto contrattuale. 
  • Domanda commerciale nella zona: in mercati molto dinamici o in espansione, dove c'è alta richiesta di spazi commerciali, la buonuscita può essere più elevata, proprio per l’interesse concreto all’acquisizione del locale. 

È bene ricordare che la buonuscita non è disciplinata in modo specifico dal Codice civile, ma rappresenta una libera pattuizione tra le parti. Proprio per questo motivo, è fondamentale definire tutti gli accordi in modo chiaro e trasparente, preferibilmente con l’assistenza di un professionista esperto in locazioni commerciali.

Calcolo della buonuscita nella locazione: metodologie e criteri

Quando si parla di buonuscita nella locazione, è dunque importante sapere che non esiste un’unica formula valida per tutti i casi. Il calcolo varia, infatti, in base al tipo di contratto – che sia abitativo o commerciale – e tiene conto di diversi fattori, sia economici che pratici. 

Nel caso delle locazioni abitative, il criterio più utilizzato è quello delle mensilità di canone. In pratica, la buonuscita viene definita come un numero prestabilito di mensilità, che può andare normalmente da due a sei volte il canone mensile. Questo serve a compensare il conduttore per l’uscita anticipata o per agevolare la riconsegna dell’immobile in condizioni favorevoli. 
Tuttavia, il proprietario non dovrebbe limitarsi a fare solo questo calcolo. È fondamentale considerare anche il cosiddetto costo opportunità, ovvero i potenziali costi legati al cambio di inquilino: tempi per trovare un nuovo conduttore, spese di agenzia e rischio di periodi di sfitto, durante i quali l’immobile non produce reddito. 

Nelle locazioni commerciali, la situazione è un po’ più complessa. Qui entra in gioco il concetto di avviamento commerciale, ossia il valore che l’attività ha acquisito nel tempo, anche grazie alla posizione dell’immobile. In questi casi, può essere necessario affidarsi a un professionista per una stima oggettiva. 
Inoltre, bisogna valutare gli investimenti fatti dall’inquilino per adattare il locale alla propria attività, e considerare quanto questi abbiano aumentato il valore complessivo dello spazio. Anche la durata del contratto e le eventuali clausole di rinnovo incidono sul calcolo, visto che i contratti commerciali tendono ad avere tempi più lunghi e condizioni più articolate rispetto a quelli abitativi. 

Buonuscita affitto: l'importanza di un accordo chiaro e ben definito 

Quando si parla di buonuscita, è importante che l’accordo tra proprietario e inquilino sia ben definito e messo per iscritto. Affidarsi a un’intesa verbale può portare a fraintendimenti, mentre un documento scritto aiuta entrambe le parti ad avere certezze su ciò che è stato concordato. 

Nel testo dell’accordo è bene indicare con chiarezza l’importo pattuito, le modalità e i tempi del pagamento, la data entro cui l’immobile dovrà essere liberato e le condizioni di riconsegna. Più dettagliato è l’accordo, più semplice sarà evitare incomprensioni o spiacevoli sorprese. 
Per maggiore tranquillità, può essere utile prevedere forme di garanzia, come una caparra confirmatoria o un deposito cauzionale, che possano tutelare la parte che attende l’adempimento. Queste soluzioni rafforzano l’impegno preso e rendono più sicura la gestione dell’intera procedura. 

Affrontare questi passaggi con attenzione, e possibilmente con il supporto di un consulente o agente immobiliare, è il modo migliore per evitare problemi futuri e gestire l’intera procedura con serenità e trasparenza.  

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