Innanzitutto definiamo come perfetto l’inquilino che paga sempre e regolarmente, che tiene in ordine la casa e si comporta correttamente con i vicini. Quindi dal punto di vista economico andremo ad accertarci delle sue entrate (dichiarazione dei redditi, busta paga, tipo di contratto) e di quelle di altri conviventi o di garanti se necessari; possiamo chiedere referenze se ha già vissuto in affitto e capire quali sono le motivazioni per cui va in affitto. Se parliamo, ad esempio, di una coppia che sperimenta la convivenza, un contesto abitativo residenziale potrebbe essere una soluzione stabile e duratura. In ogni caso, poiché del domani non v’è mai certezza è sempre meglio lasciare le valutazioni ad un professionista e stipulare sempre forme di garanzie, come quelle di affittosicuro.

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La risposta di legge sarebbe no: da parte del proprietario della casa concessa in affitto è possibile dare disdetta solo in corrispondenza delle scadenze contrattuale e con sei mesi minimo di preavviso. Questo vuol dire che se il contratto libero di 4 anni + 4 è iniziato il 01/07/2021 e dopo un anno ti serve la casa, dovresti aspettare lo scadere dei primi 4 anni, quindi il 2025, per poter dare disdetta, massimo entro gennaio, portando come motivazione quella dell’utilizzo personale del bene. Ma se anche il contratto fosse stato semplicemente prorogato per latri 4 anni nel 2021, dovresti aspettare in ogni caso il 2025 per chiedere indietro l’immobile, senza motivare però la disdetta. Questa la risposta della legge, a prescindere da questo è possibile trovare un accordo direttamente con l’inquilino, che potrebbe valutare magari di spostarsi o di richiedere una sorta di buonuscita per lasciare prima la casa.

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La procedura individuata per legge è quella per cui dopo 20 giorni di ritardo nel pagamento anche solo di una mensilità, è possibile rivolgersi ad un avvocato per iniziare la procedura di sfratto per morosità. Se il ritardo riguardasse le spese condominiali, invece, la cifra non pagata dovrebbe essere pari a due mensilità di canoni. Sappiamo bene che i tempi e i costi di una causa di sfratto sono eccessivi, ma questo è l’unico modo legale per riavere la casa, provare a recuperare il debito e non dover pagare le imposte sui canoni non percepiti. Certamente se si riuscisse a trovare, anche in questo caso, un accordo diretto con l’inquilino e un piano di rientro, questa sarebbe la soluzione ottimale.

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Il guadagno dipende da 3 fattori:

  1. Il primo, semplice, è quello rispetto al canone richiesto. Quello che guadagno sarà dato dal canone pattuito per i 12 mesi all’anno. Quindi se ogni mese l’inquilino paga il canone di 620 euro, all’anno la mia entrata sarà di 7.440 euro.
  2. Il secondo fattore è determinato dal tipo di contratto che andrò a stipulare, infatti se affitto l’immobile con un contratto che implica l’utilizzo di un canone concordato, segnalerò la locazione agevolata per ottenere le varie agevolazioni fiscali.
  3. Il terzo fattore è legato alla scelta del regime fiscale. Ovvero se rimango in regime Irpef, allora i miei 7.440 euro, meno il 5% in caso di canone libero o – 33,5% in caso di contratto a canone concordato, si sommeranno ai miei redditi personali e si applicheranno le relative aliquote Irpef per scaglioni. Se opto, invece, per la cedolare secca, allora come esborso fiscale dovrò considerare il 21% sui 7.440 euro in caso di contratto libero e 10% in caso di contratto a canone concordato.

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Domanda molto frequente e risposta parecchio complessa. Diciamo che se compro un immobile, con le agevolazioni prima casa (imposte scontate) come investimento, avendo già la residenza in quel comune, ma in un altro immobile, posso certamente affittare la prima casa e non avere alcun tipo di problema. Se, invece, compro una prima casa in un comune in cui non ho residenza e non lavoro e pertanto dichiaro di metterci la residenza entro un anno dall’acquisto, allora sono un po’ più in difficoltà. Lo stesso immobile non potrebbe risultare affittato e usato direttamente come propria abitazione. Qui l’escamotage potrebbe essere quello di affittare una porzione d’immobile, ma occhio alle possibili convivenze! Attenzione anche perché a livello fiscale l’immobile prima casa ma affittato viene trattato come seconda casa ai fini Imu.

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Nel momento in cui registro il contratto indico una data di scadenza dello stesso che si riferisce allo scadere dei primi 4 anni, ad esempio, in caso di contratto libero con cedolare secca. Se dopo 4 anni non intervien la disdetta da nessuna delle due parti, allora devo procedere comunicando la proroga del contratto per i successivi 4 anni. Il contratto rimane invariato nelle condizioni prese.

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Affittando un immobile di proprietà vanno consegnate tutte le copie delle chiavi disponibili e soprattutto si cede di fatto il diritto all’utilizzo del bene, dietro pagamento del corrispettivo pattuito. Quindi se ci fosse necessità di far visitare l’immobile perché è da vendere o perché dopo la disdetta dell’inquilino cercate un nuovo occupante, se volete verificare quali migliorie si possono apportare o quali danni sono stati provocati da eventuali perdite, in ogni caso dovete concordare con l’inquilino giorno e orario di vista. Solo avvisando l’inquilino e solo mettendosi d’accordo per entrare è possibile procedere alla visita dell’immobile.

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Dipende: l’aggiornamento è possibile se non si è optato per la cedolare secca e se è stato correttamente riportato il relativo articolo all’interno del contratto. La misura dell’aggiornamento è solitamente legata all’indice Istat, quello del mese precedente il rinnovo annuale. Non è possibile, invece, aumentare arbitrariamente il canone di una cifra fissa, neanche alla proroga dopo i 4 anni.

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Non vi è un obbligo da questo punto di vista; semplicemente sarebbe buona norma far corrispondere la residenza con in luogo in cui si vive stabilmente. L’obbligo di residenza potrebbe riguardare l’inquilino che prende in affitto un immobile con contratto a canone concordato 3 +2, per il quale i comuni che prevedono un’aliquota Imu agevolata richiedono espressamente l’utilizzo del bene come abitazione principale da parte dell’inquilino.

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Questo, oltre alla morosità, l’incubo principale dei proprietari che affittano casa. Per proteggersi c’è una cifra, il deposito cauzionale, che l’inquilino versa prima di entrare nell’immobile proprio per coprire eventuali danni, Di solito il deposito cauzionale corrisponde a due o tre mensilità. Si dovrebbe redigere un verbale dettagliato di quanto presente nella casa che viene concessa in affitto ed è sempre meglio andare a specificare lo stato esatto delle cose. Per esempio se il divano ha già una macchia è meglio segnalarlo; alla fine se alla riconsegna della casa si vede che oltre a quella macchia c’è un cuscino del tutto strappato, allora si potrà contestare tale danno.

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