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Animali ammessi in affitto: normativa e diritti proprietari

Scritto da SoloAffittiPAY | Dec 23, 2025 9:00:00 AM

La materia è regolamentata da specifiche normative che bilanciano i diritti di proprietà con quelli relativi al benessere animale e alla vita familiare. Comprendere appieno questi aspetti normativi è, dunque, fondamentale per evitare controversie e gestire al meglio il proprio investimento immobiliare. 

La normativa di riferimento: animali ammessi in affitto e in condominio

Chi vive in condominio e ha un cane o un gatto si sarà sicuramente chiesto se è lecito tenerlo in casa o se può andare incontro a problemi legali o con il vicinato. La risposta arriva dalla Riforma del condominio, introdotta con la Legge n. 220 del 2012, che ha chiarito un punto fondamentale: nessun regolamento condominiale assembleare può vietare la presenza di animali domestici all’interno delle singole proprietà private. A stabilirlo è l’articolo 1138 del Codice civile, che tutela il diritto dei proprietari a godere della compagnia del proprio animale in casa, a patto che vengano rispettati il decoro, la pulizia e la quiete degli spazi comuni. Qualora invece il regolamento condominiale fosse di tipo contrattuale, quindi approvato all'unanimità (vale anche in caso di regolamento definito dal costruttore e accettato in fase di rogito da ciascun acquirente), la norma che introduce il "divieto di vietare" non avrebbe efficacia e il limite alla tenuta di animali potrebbe essere posto. 

Tuttavia, il discorso cambia se l’abitazione è data in affitto. In questo caso, il proprietario ha il diritto di vietare all’inquilino di tenere animali domestici, ma per farlo deve inserire una clausola specifica nel contratto di locazione. Solo in questo modo il proprietario può far valere il proprio diritto, e l’inquilino, una volta firmato, è tenuto a rispettarlo. 

In sostanza, chi possiede l’immobile può scegliere se accettare o meno la presenza di animali da parte del proprio inquilino, mentre chi è solo proprietario di un’unità in condominio non può impedirne la presenza agli altri condomini. La chiave è sempre il contratto: per evitare incomprensioni, è dunque importante che le condizioni siano chiare fin da subito, a tutela sia del locatore che del locatario. 

Regolamento condominiale vs contratto di affitto: le differenze cruciali

È dunque fondamentale distinguere tra ciò che può stabilire il regolamento condominiale assembleare e ciò che può decidere il proprietario dell'immobile nel contratto di locazione. Mentre il regolamento condominiale assembleare non può vietare genericamente gli animali domestici, il proprietario dell'immobile mantiene maggiore autonomia decisionale nel definire le clausole contrattuali. 

Nel contratto di affitto, infatti, il proprietario può inserire specifiche clausole relative alla presenza di animali, purché queste siano chiare, specifiche e proporzionate. È possibile, ad esempio, vietare determinati tipi di animali o stabilire condizioni particolari per la loro accettazione, come il versamento di una cauzione aggiuntiva o la sottoscrizione di un'assicurazione specifica. 

Le clausole contrattuali che riguardano gli animali ammessi devono essere concordate e accettate al momento della stipula del contratto o, qualora sia presentata una proposta di locazione prima della stipula, devono essere già specificate nella stessa. Non è possibile introdurre successivamente divieti o limitazioni che non erano presenti nell'accordo originario, a meno che non si verifichino situazioni specifiche che giustifichino una modifica contrattuale. 

Quando è possibile lo sfratto per presenza di animali

Quando si è proprietari di casa, non esistono particolari limiti alla possibilità di tenere con sé un animale domestico, come un cane o un gatto, anche se si vive all’interno di un condominio. La legge, infatti, non prevede divieti generali in questo senso, purché naturalmente si rispettino le regole della convivenza civile e il regolamento condominiale non imponga restrizioni specifiche e motivate. 

Un discorso diverso è quando si tratta di una casa in affitto; in questo caso, molto dipende da quanto stabilito nel contratto di locazione. Se nel contratto è inserita una clausola espressa che vieta la presenza di animali domestici, e l’inquilino decide comunque di tenerne uno, si configura una violazione contrattuale. A meno che non si colleghi a questo divieto una cosiddetta clausola risolutiva espressa, questo tipo di inadempimento può essere oggetto di contestazione da parte del proprietario e, nei casi più estremi, può portare a una causa di risoluzione del contratto, anche se non si tratta di una procedura immediata come lo sfratto per morosità. È infatti necessaria una causa ordinaria, che richiede tempi più lunghi e una valutazione approfondita da parte del giudice. 

Se, invece, il contratto non contiene alcun divieto relativo alla presenza di animali, l’inquilino è libero di convivere con il proprio cane o gatto all’interno dell’abitazione in affitto, senza temere conseguenze legali per questo motivo. Resta fermo, però, l’obbligo di rispettare le normali regole previste dalla legge per chi occupa un immobile in locazione. Tra queste: comportarsi con diligenza e rispetto, utilizzare l’immobile secondo la destinazione d’uso pattuita nel contratto e riconsegnarlo nelle condizioni in cui è stato ricevuto. 

Obblighi e responsabilità civili e penali dell'inquilino con animali

Quando si affitta un immobile a un inquilino con animali domestici, è importante chiarire alcuni aspetti legati alle responsabilità in caso di danni o disturbi. La normativa di riferimento è l’articolo 2052 del Codice civile, che stabilisce che chi ha la custodia di un animale è responsabile per i danni che questo può causare. L’unica eccezione prevista dalla legge riguarda i casi di “fortuito”, cioè eventi del tutto imprevedibili e inevitabili, che escluderebbero la colpa del proprietario. 

Nel contesto di una locazione, questo significa che l’inquilino che possiede un cane o un gatto è tenuto a rispondere direttamente di eventuali danni arrecati all’immobile o ai beni presenti nell’arredo. La responsabilità nasce non solo dalla custodia dell’animale, ma anche dall’obbligo generale dell’inquilino di usare l’immobile con diligenza, come previsto dal Codice civile. 
Oltre agli aspetti civili, in situazioni più gravi, ad esempio se l’animale aggredisce una persona o provoca danni ad altri animali, si può configurare anche una responsabilità penale. In questi casi, il padrone può essere perseguito per lesioni personali o altri reati previsti dalla legge. 

In un contesto condominiale, poi, entrano in gioco altre regole. Se la presenza dell’animale genera odori sgradevolirumori eccessivi o disturbi continui, si applicano le norme sulle immissioni intollerabili, regolate dall’articolo 844 del Codice civile. Ad esempio, l’abbaiare continuo di un cane può portare a segnalazioni da parte dei vicini e, in casi estremi, può integrare il reato di disturbo della quiete pubblica, disciplinato dall’articolo 659 del Codice penale. 

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